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Corso Plebisciti

Il balcone della casa di Corso Plebisciti 9 a Milano (all’angolo con via Ceradini).

 

 

8 Settembre 1943, una data che cambiò la storia dell’Italia e insieme il destino di non poche famiglie italiane. Inizia da quel momento un nuovo capitolo della vita della famiglia di Cesare Ferri. Prima la guerra civile, che vissero e patirono in prima persona nonno Cesare, zio Ernesto e zio Franco; poi gli anni instabili ma spensierati e gaudenti del primo dopoguerra. Poi la lenta e progressiva “diaspora”…  ma c’è anche, ad esempio, chi rimase a Milano e mise su famiglia… Cominciamo da queste prime testimonianze.

 

Zio Ernesto:

 

«Corso Plebisciti è la casa degli anni più difficili della guerra. Momenti d'angoscia, ma anche il divertimento e l'incoscienza giovanile. Nel 1943 papà era salito a Milano a dirigere il Corriere dei Piccoli. Dopo lo sbarco degli Alleati ad Anzio, Roma isolata pativa la fame. Ricordo pasti a base di fecola di patate e foglia di cavolo. Ci trasferimmo anche noi a Milano con treno e pullman. Fummo provvisoriamente ospitati da un giornalista amico di Papà (Greco). All'epoca papà frequentava l'Eiar e come giornalista collaborava a edizioni per le scuole; le edizioni educative economiche, del professor Tortoreto.

Ben presto occupammo la casa vuota di corso Plebisciti: dieci stanze grandissime, fatte requisire per legge, come molte case vuote, per chi era senza casa. In seguito, poichè la casa era grande venne una coabitante, la signora Quattrobolo, con marito e figlia. Era una conoscente di papà. Rimanemmo in corso Plebisciti fino al 25 aprile.

Franco era partito volontario nei Battaglioni Mussolini (milizie speciali del Duce). Io, a mia volta,  dovetti scappare a Roma, ricercato per motivi politici. Nel periodo degli eccidi partigiani avevo dovuto infatti stare molto tempo chiuso in casa. Ricordo un episodio, che può dare un'idea del clima di quei giorni. Due miei amici partigiani vennero a prelevarmi a casa, mitra alla mano, trascinandomi...in un bar. Volevano solo farmi uno scherzo.

Il viaggio Milano-Roma lo feci a piedi e con mezzi di fortuna. Durò 12 giorni. A Roma trovai lavoro grazie allo zio Francesco (Il cardinale Borgongini Duca, ndr), finchè papà mi richiamo a Milano per aiutarlo a sostenere la famiglia. Nel frattempo Franco era stato fatto prigioniero e condannato a morte.

Mamma e Vanna andarono a trovarlo in Valtellina (o val d'Ossola) e lo trovarono conciato male. Fu salvato da una coraggiosa trovata del nostro amico Walter Cordaro: fece documenti falsi con i quali il comando di una brigata partigiana ordinava la consegna del prigioniero e, con coraggio e decisione, riuscì a farsi consegnare Franco.

Franco tornò a Roma. viveva in una pensione e si occupava di pubblicità. Un giorno andai a trovarlo e la padrona della pensione mi disse che era venuta la polizia a portarlo via. Corsi subito dallo zio Francesco che telefonò all'allora capo della polizia, Dott. Bacchetti e seppe che Franco si trovava nella lista dei criminali di guerra. Zio Francesco riuscì a farlo uscire.

Quanto al resto della famiglia, ricordo che le gemelle si trovavano a Camerino. Arnaldo e Francesco erano in collegio prima in Svizzera e poi a Novara. Andrea che era piccolissimo aveva fatto amicizia con gli avieri americani di un distaccamento della zona. Non gli mancava l'intraprendenza. Un giorno, ad esempio, scomparve e lo ritrovammo in un bar dove, ottenuta chissà come una moneta, litigava con la barista pretendendo un caffè.

D'altra parte la vivacità non mancava certo neanche agli altri fratelli, tra le immagini che mi sono rimaste impresse nella memoria c'è quella di Francesco che un giorno, per dare prova di coraggio e di resistenza al dolore, chiamò tutti ad alta voce, mostrandosi con il dito mignolo sotto il rubinetto aperto dell'acqua calda, esclamando, con espressione sofferente: «Io Balilla ! ».

Arnaldo invece era famoso per il suo amore per il cibo. Tra tanti episodi  posso raccontare quando era solito sparire misteriosamente la domenica mattina e nessuno riusciva a spiegarsi dove andasse. Tornava sempre a casa con qualcosa, una volta con un sacco di patate, un'altra con un rotolo di stoffa, eccetera. Poi si scoprì che partecipava a corse campestri, arrivando sempre primo o secondo e guadagnandosi il premio. Ricordo anche che si rivendeva i miei libri e oggetti sparsi per casa. Inoltre era meglio non mettere il pane a tavola prima di mangiare: riusciva a mangiarne anche un chilo in pochi secondi.

La casa di corso Plebisciti rimase ai Ferri anche dopo la guerra, quando mamma e papà tornarono a Roma

 

Zia Mimma

  

Il primo domicilio a Milano era in via Borgonuovo, eravamo ospiti di Greco il collega di Papà per un mese. Tutti noi figli dormivamo su un lettone ricordo i calcioni. poi abitammo in corso Plebisciti 7 presso il professor Tortoreto, per poi spostarci al numero 9, appartamento che trovammo tramite Aldo Manzi, che non era ancora fidanzato con Vanna.

Aneddoti ricordo che si andava a giocare a carte presso la Vanna amica di Ernesto, presso cui spesso la sera si ballava sentendo i dischi insieme ad Aldo Walter e compagnia la padrona ci cucinava il risotto ricordo che zio Ernesto era sergente di ferro con tutti tranne che con me, non ci provava

episodio di annamaria e Walter, che eravamo fidanzati: Annamaria un giorno vede Walter che le si fa incontro con aria aggressiva Annamaria impaurita comincia a scappare e Walter la segue inveendo e minacciando Annamaria si rifugia a fatica da mammà e Walter dopo aver tentato invano di entrare in casa consegna infuriato ad Annamaria una lettera d'amore. In realtà la lettera era indirizzata ad Annamaria Terni inquilina del piano di sopra

Non sai quanto invidiavo le tette di Antonietta e Rosetta, io che ero piatta.

Ai tempi di plebisciti per un certo periodo fui ospite di zia Laura e zio Amleto a Pian de la gotti sopra il Terminillo

Sempre in corso Plebisciti rimanemmo anche dopo la guerra: ricordo le giocate a carte in cucina gli amici che frequentavamo erano Cesare Ceresoli, Mario e Antonio Forcellini, Guido Oppi, Nando Sermattei

Antonio Forcellini trovò moglie grazie a me, ma non mi ha invitato neanche al matrimonio

Casa editrice di Papà in via Santa tecla numero 4: facevano dispense, anche universitarie e anche scolastiche fino alle elementari

  

Zia Vanna

 

Di corso plebisciti ricordo soprattutto che ho conosciuto mio marito Aldo. Era uno dei tanti ragazzi che frequentavano la nostra casa dove c'erano quattro belle ragazze. La più corteggiata era Annamaria, io facevo amicizia con tutti e le gemelle venivano regolarmente spedite a letto. Era un periodo duro e papà e mammà dovevano fare i salti mortali per darci da mangiare ma noi vivevamo con l'inconsceinza di quell'età e ci divertivamo molto si era in tanti e la nostra casa era sempre piena di gente. Io ero la più scatenata ricordo che una volta durante un ballo in cortile scoppiò addirittura una rissa per causa mia. Avevo promesso un ballo a un ragazzo, ma poi me ne ero dimenticata e ballavo con un altro. Ernesto mi prese e mi portò subito a casa

Si andava a casa di Vanna Maranesi eravamo capaci di uscire anche col coprifuoco saltando di pianta in pianta, oppure seguendo i camion dei tedeschi che rastrellavano. Ricordo che una sera io e Aldo ci siamo trovati di fronte un tizio che ci ha puntato la pistola. poi, senza dire una parola ha cominciato ad arretrare sparendo nel nulla.

Aldo non si occupava di politica e pensava soprattutto a studiare, aiutava tutti e aveva la fiducia di tutti

La moda di allora era la vita molto sottile e la scollatura profonda gonne ampie e tacchi a spillo. Si ballava molto e subito dopo la guerra arrivarono i primi film americani con Fred Astaire e Ginger Roger

Io avevo molta facilità nel fare amicizia ricordo che una volta andai al cinema addirittura con sette ragazzi, mammà giustamente era più tranquilla che ci andassi con sette piuttosto che con uno solo

Io sono stata la prima a sposarmi e nel 1947 lasciai corso Plebisciti per anadre ad abitare con Aldo in una villa a Vanzago. I primi tempi da sola  in questa nuova casa un po' malandata furono molto duri per me che ero abituata all'allegria e alla confusione di corso Plebisciti

Storia di Franco nel 1945

Zio Franco

Un'immagine di zio Franco giovanissimo

Da una testimonianza di zio Ernesto:

Franco era andato volontario nei famosi "Battaglioni M" e fu fatto prigioniero dai partigiani rossi. Non ricordo come venimmo a sapere dove era e che era stato condannato a morte. Walter Cordaro a quel tempo era estremamente ben organizzato nella fabbricazione di documenti falsi per il traffico di riso tra il Nord ed il Sud. Parentesi: durante la guerra l'Italia fu divisa in due. Tutte le risaie erano al Nord ed i pastifici al Sud. Quindi, quando lentamente cominciarono e riprendere i rapporti commerciali, per evitare speculazioni per il commercio del riso al Centro-Sud occorreva una licenza speciale difficilissima da ottenere, che Walter fabbricava alla perfezione. Con la sua attrezzatura, fabbricò (timbri, firma e carta intestata) un ordine di consegna del prigioniero Franco Ferri per il suo trasferimento al Comando centrale e se lo portò via. Così Franco ebbe salva la vita!

I fedelissiimi  del 9 settembre. La guerra continua


Ma Franco  dopo le avventure milanesi non era ancora al sicuro: alloggiava a Roma in una pensione ed io, che lavoravo per zio Francesco come ho già ricordato, ogni tanto lo andavo a trovare. Un giorno la proprietaria della pensione mi disse: sono venuti degli Agenti che lo hanno arrestato. Corsi da zio Francesco che immediatamente si recò dal Questore di Roma (lo avevo accompagnato rimanendo fuori dello studio del Questore): Franco era stato segnalato telegraficamente e ricercato in tutta Italia dal Comando partigiano di Vercelli, come "criminale di guerra"!  Zio Francesco, mi ricordo, era furioso: "mio nipote criminale di guerra"! Risultato: rilascio immediato. Penso a tutti quei poveracci che non avevano uno "zio Francesco"!

 

Scampato di nuovo alla morte, ritroviamo zio Franco a Milano in Corso Plebisciti. Nonostante il trauma del ’45, non si sottrae all’impegno politico e contribuisce attivamente alla fondazione del Movimento Sociale Italiano, come ci ha più volte ricordato, oltre a lui stesso, Giorgio Pisanò, anche lui recentemente scomparso, con parole di affetto e di rimpianto. Tuttavia, il corso successivo degli eventi (consulta la pagina "Zio Franco alla conquista dell'oriente") ci fa desumere che questa nuova iniziativa politica non abbia gratificato sufficientemente zio Franco, che presto darà una svolta decisiva alla sua esistenza…