Gianco, la mia vita avventurosa
Pubblichiamo una vecchia intervista rilasciata da Gianco a Garda alla fine degli anni 90. L’esuberante cugino, dopo aver letto in esclusiva i ricordi di alcuni zii sul periodo romano (cfr. La Casa di via Monte del Gallo), ne ha colto l’occasione – e forse l’ispirazione - per raccontare i suoi primi anni di vita trascorsi nella terra natale pakistana. Il carattere frammentario e talora poco rigoroso della testimonianza (determinato anche dall’atmosfera un po’ troppo conviviale: 3 bottiglie di Valpolicella e una intera di grappa consumate solo dall’intervistato e dall’intervistatore) non conferisce la necessaria credibilità al racconto e non consente alla redazione di inserire il documento nella sezione “Memoria Storica”. Ce ne scusiamo con i lettori e con l’interessato.
L'infanzia, si sa, offre sempre i ricordi più lieti ed intensi della nostra vita. Tu che hai vissuto i tuoi primi anni a Karachi conserverai certamente impressi alcuni episodi.
Cerrtamente! Durante la carestia e l'invasione delle cavallette carnivore, ci fu una tempesta di sabbia. Non avevamo nemmeno le foglie di cavolo da mangiare. Ci accontentavamo di fiori di cactus, molto difficili da ingerire e soprattutto da espellere.
Ma conservi anche qualche ricordo più spensierato? Parlaci ad esempio dei trastulli della tua infanzia.
Cerrrtamente! Rimane viva nella mia memoria un simpatico episodio capitatomi a dieci anni. Era la guerra tra India e Pakistan per il possesso della regione del Kashmir. Gli indiani avevano distrutto gli stabilimenti pakistani che producevano i profilattici in lana cachemire, che avevano determinato i noti problemi di sovrappopolazione in India. Durante un bombardamento su Karachi, la città si trovava sotto oscuramento. Ricordo che mio padre una sera lasciò inavvertitamente aperte le portiere della macchina e le luci interne rimasero accese. Quindi, per non offrire un facile bersaglio agli aerei, mi precipitai verso la macchina per richiudere le portiere. Nello slancio caddi e mi ferii gravissimamente ad un ginocchio, quello destro.
Ma pure, malgrado questi disagi, sei riuscito a trovare momenti di serenità, tipici di un bambino?
Cerrrrrtamente! Alla guerra perduta dal Pakistan seguì un lungo periodo di carestia. Seppi da un incantatore di serpenti che a Lahore vendevano patate a basso prezzo. Attraversai di buona lena i 1.500 km, a piedi, e giunto al mercato trovai un mercante che vendeva patate in confezioni da 80 quintali l'una. Mi caricai due sacchi sulle spalle e feci ritorno di corsa a Karachi. Fu per me una grande soddisfazione, di cui vado tuttora orgoglioso, nonostante due piccoli inconvenienti: il mercante era riuscito astutamente a vendermi le patate ad un prezzo tre volte superiore a quello del mercato nero di Karachi. Inoltre, trovandosi Lahore nel Punjab, regione da tempo contesa tra India e Pakistan, dovetti subire un ennesimo, violentissimo bombardamento indiano, che mi ferì gravemente e squarciò i due ponderosi sacchi, costringendomi a riacquistare le patate a Viterbo.